L'ETERNA CORSA
SUI FIANCHI DELLA MONTAGNA, DEL TEMPO E DELLA VITA
Durante quella prima corsa la gente di Osilo si era portata sui fianchi della montagna e ricopriva con i suoi costumi ogni piega del terreno.
(“Sei settimane nell'isola di Sardegna. Osilo”. Edouard Delessert, Parigi 1854).
Dopo tanti orgogliosi affanni, le cadute, le paure,
immersi fra gli smarrimenti più profondi delle tenebre,
abbiamo poi raggiunto la cima fatale della montagna,
la luce che illumina ogni strada, e la verità, la sola
che non conosce maschere, né orizzonti a misura d'uomo?
Certo ci sono ancora quelle pieghe aspre del terreno,
le zolle e le rocce, il lentischio e l'incendio maledetto,
e c'è anche la solitudine, la nostra, che tutto ricopre
come un sogno ammainato, forse persino dimenticato,
c'è lo smarrimento che grida di speranza anche al tramonto.
Più si moltiplicano le prove, e le sconfitte,
più i fianchi dell'indomabile montagna
somigliano ai nostri fianchi. Come fossimo noi,
nient'altro che noi, l'indomabile montagna di ieri e di oggi.
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